Meditazione del mattino – Morning Meditation by Adriano Ercolani
Adriano Ercolani è talmente talentuoso da essere difficilmente rinchiuso in una definizione; è sicuramente un artista colmo di talenti ancora non pienamente espressi, dotato di una memoria formidabile e di una notevole facilità di composizione letteraria.
Adriano passa dalla poesia – anche improvvisandola -, al copywriting, alla sceneggiatura fino a scrivere recensioni così ben fatte da superare l’oggetto esaminato. Qui ne potete trovare di magistrali scritte sotto lo pseudonimo “Conte Zarganenko”. Oppure potete vedere come il testo di questo video riesca a bilanciare sapientemente estetica, conoscenza e ritmo:
Oggi vogliamo proporvi come versi ispirati dalla meditazione la poesia, con cui ha vinto il concorso letterario “il Rubriconcorso del Venerdi”, dove descrive esattamente come si possa raggiungere la consapevolezza senza pensieri, il primo stato della meditazione. Questo è reso possibile grazie al risveglio spontaneo dell’energia Kundalini, stato altrimenti spesso difficilmente raggiungibile perché non è frutto di sforzi o ripetizione costante di mantra. Solo quando quest’energia supera l’Agnya Chakra – o terzo occhio – ci si ritrova a percepire una sottile gioia interiore essendo completamente lucidi ma immersi nel silenzio mentale.
MORNING MEDITATION – Meditazione del Mattino
Chiuse gli occhi.
Attendeva l’invasione.
L’esercito immenso, da sempre schierato , scatenò le orde, che eruppero come cascate di vermi brulicanti. Affanni domestici, ricordi strazianti, vane ambizioni, si rincorrevano selvaggi all’assalto, come scimmie urlanti in un vortice stordente. Fiamme s’alternavano a improvvise arsure, un coltello arroventato infieriva nelle carni. Folle di volti sfregiati da smorfie, una babele di dissonanze a rimestare in sacche purulente di memoria. Morsi, punture, sottili supplizi d’antichi nemici.
Un corteo di bocche voraci lo avvolse in una risata infernale.
Sorrise, senza scomporsi.
Le osservò svanire, come polverizzate dal passo indifferente d’ una zampa d’elefante. Qualcosa, con dolce pazienza, scioglieva quei dolenti nodi. Un balsamo sulle ustioni della colpa e del rimpianto. Ghiaccio che spegne la furia.
Dalla culla un vagito. L’accordatura del violino.
Rimase mero testimone.
Assiso nella tempesta, l’oceano si schiudeva al suo passaggio.
Onde di quiete ridente scaturivano dal profondo.
Carezze di beatitudine danzavano lungo la schiena come risonanze d’un’arpa.
Una castissima esplosione di puro piacere, come una crescente colonna di bellezza, lo attraversava in una placida ascesa.
Svuotamento senza dispersione.
Vide il gioco, illusione e meraviglia.
Dissolti i sensi in un appagamento senza desiderio, contemplò lo splendore immacolato.
La mente ormai specchio concavo del Tutto.
Un anfiteatro di cristallo, coppa vuota pervasa da un oceano di silenzio.
Un tempio in cui una Regina incedeva solenne, nell’intatta adorazione degli astanti, verso il suo trono.
Si alzò, prese la valigetta, andò al lavoro.